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«Si tratta, come si avverte fin dalle prime battute, o anche aprendo liberamente il libro, di un'opera in cui Scalise continua e approfondisce, secondo modalità stilistiche e accenti inconfondibili, il suo percorso iniziato ormai mezzo secolo fa. È questo un libro a volte misterioso, pur nella lucidità razionale del suo procedere, che passa da componimenti brevi, fino alla sintesi estrema dell'epigramma in versi, per arrivare al poemetto per frammenti connessi attraverso un filo sotterraneo. Scalise ribadisce, dunque, la scelta - meglio: la personale necessità espressiva - di mettere in scena la aleatorietà di un discorso poetico, di una meditazione poetica, internamente scossa o scompaginata da un io che comprende l'impossibilità di costruire una attendibile rappresentazione organica del reale. L'impossibilità di una visione del mondo non increspata da ritmiche e frequentissime fenditure di senso che conducano la narrazione del mondo, da parte del poeta, sempre a un passo, come si accennava, dall'assurdo». (Dalla Prefazione di Maurizio Cucchi).